Per tutelare la nostra reputazione on line e il nostro diritto all’oblio, oltre a fare richiesta direttamente a Google di rimuovere i contenuti che ci riguardano e che riteniamo lesivi per noi, si può far ricorso anche al Garante della Privacy. A distanza di un anno dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea del maggio 2014 che ha imposto a Google di dare un riscontro alle richieste di rimozione di contenuti, gli italiani che hanno fatto richiesta a Google di cancellazione di contenuti stati più di 25mila. E dato che Google ha accolto solo il 29 per cento delle richieste, è intervenuto il Garante della Privacy che ha stabilito che i soggetti respinti possono fare ricorso al Garante stesso, che si farà carico di esaminare le richieste e i motivi del rifiuto. Ad oggi solo 50 italiani hanno fatto ricorso al Garante, e di questi 50 ricorsi il Garante ne ha accolti meno di un terzo, respingendo gli altri poiché ha ritenute valide le argomentazioni di rifiuto di Google. A livello europeo si stanno mettendo a punto degli standard per i ricorsi. Il 90 per cento delle richieste perviene da singoli utenti privati, il resto da professionisti e aziende.